Alimentazione e Salute
Dall'Ipotesi dell'Igiene alla Rivoluzione del Microbiota
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È la somma di tutti i microrganismi “simbiotici” (che convivono cioè con l’organismo ospite senza danneggiarlo) associati a un dato individuo ospite. Si possono trovare su tutte le superfici corporee (tra cui il lume del tratto gastrointestinale, che in senso stretto appartiene al mondo esterno), quali la cute, il naso, le orecchie ed i genitali. Il microbiota non si limita ai batteri, includendo anche archeobatteri, così come eucarioti, quali protozoi e funghi.
Il genoma di un dato organismo è definito come la somma dei suoi geni cromosomici e non solo, comprendendo le informazioni genetiche extracromosomiche che si trovano in altri organelli o endosimbionti (es. plasmidi, cloroplasti, mitocondri): ovvero il suo “metagenoma”. Analogamente, il microbioma è definito come l’insieme di tutti i geni presenti nei microrganismi che colonizzano un determinato ospite. Insieme, il genoma e la metagenoma associati costituiscono un “hologenome”, termine coniato da Rosenberg e colleghi nel 2007 (Rosenberg et al., 2007). Rappresentano dunque, suggestivamente, l’unica componente variabile del nostro genoma.
Il microbiota intestinale umano (per decenni definito “microflora”) si caratterizza per la maggiore densità batterica e il maggior numero di microrganismi non patogeni, con un metagenoma, nell’organismo adulto, 150 volte più esteso del pattern genetico umano complessivo. È un ecosistema formato da una pluralità di nicchie ecologiche, a stretto contatto con la mucosa intestinale, che con un’area di circa 250-400 m2 costituisce la più grande superficie libera del nostro organismo dopo quella respiratoria. Esso differisce a livello quantitativo e qualitativo lungo il tratto gastrointestinale. A queste differenze si aggiunge una stratificazione orizzontale, con la presenza di diverse comunità microbiche nel lume intestinale: quelle presenti nello strato di muco, quelle contenute nelle cripte e altre direttamente aderenti alle cellule epiteliali.
Microrganismi vivi e vitali che, se somministrati in quantità adeguata, conferiscono benefici alla salute dell’ospite.
Sostanze non digeribili che producono un effetto fisiologico benefico sull’ospite, stimolando in maniera selettiva la crescita favorevole o l’attività di un numero limitato di batteri indigeni.
Un ceppo di probiotici è classificato in base al genere, alla specie e ad un codice alfanumerico. Nella comunità scientifica esiste una nomenclatura riconosciuta per i microrganismi – per esempio, Lactobacillus casei DN-114 001 o Lactobacillus rhamnosus GG (Tab. 1). Non esiste un regolamento per i nomi commerciali e per le marche, pertanto le ditte produttrici possono chiamare i loro prodotti come preferiscono – per esempio LGG.
The Hygiene Hypothesis
Fin dai tempi della formulazione dei postulati di Robert Koch – tra i primi a stabilire il legame tra microorganismi e malattie all’inizio del secolo scorso – gli abitanti dell’infinitamente piccolo sono stati visti solo come responsabili di patologie e infezioni talvolta anche mortali. L’associazione dei microorganismi alle malattie ha così portato allo sviluppo di mezzi per combatterli: antibiotici, antifungini e antivirali.
Oggi, l’”ipotesi dell’igiene” non è più una curiosità come sembrava quando fu proposta, alla fine degli Anni Ottanta, dall’epidemiologo britannico David Strachan
(Strachan, 1989). Costui attribuiva alla minore esposizione ai germi durante l’infanzia l’aumento delle malattie allergiche nei Paesi più ricchi. L’epidemiologo britannico propose, dunque, che la diminuzione dell’incidenza delle infezioni durante l’infanzia alterasse lo sviluppo del sistema immunitario, portando ad un aumento del rischio di malattie allergiche.
Le difese dell’organismo umano, dunque, non dovendosi cimentare con le molteplici infezioni cui è stato esposto per millenni, si rivolgerebbero non solo contro elementi di per sé innocui, come nelle malattie allergiche, ma anche verso tessuti e organi propri, scatenando malattie autoimmuni, come il diabete, la sclerosi multipla o il morbo di Crohn. L’ipotesi dell’igiene è stata così ampliata con l’evidenza che l’esposizione ai microrganismi commensali e ambientali nelle prime fasi della vita favorisce il corretto sviluppo della tolleranza immunitaria.
La Microbiota Revolution
Ciò che oggi sappiamo è che il nostro sistema immune “impara” a discriminare i residenti e i passeggeri dai patogeni, ovvero invasori esogeni che tentano di evadere dalle difese dell’organismo, causando malattie. Proprio una corretta visione di questo equilibrio da parte del sistema immune consente di evitare le infezioni dei patogeni e “tollerare” e/o “mantenere” i microorganismi benefici.
Alterazioni della funzione “educativa” del sistema immunitario sembrano così alla base di molteplici patologie infiammatorie croniche umane, chiaramente associate allo stile di vita tipicamente occidentale, suggerendo come origine comune un aberrante addestramento del sistema immunitario, troppo spesso associato a un uso incontrollato di antibiotici.
Una vera “rivoluzione del microbiota”. Dall’interazione simbiotica e funzionale di quest’ultimo con le cellule intestinale dipende lo stato di salute o malattia del “superorganismo” umano. Un’armonia, questa, le cui regole solo oggi stiamo iniziando a comprendere. La microbiota revolution invalida le classiche teorie infettive: alcuni batteri sono cruciali per la nostra salute e altri possono essere usati per combattere altri batteri. La proporzione di questi batteri in alcune malattie è molto più importante della comparsa di un singolo microorganismo. Non è pensabile quindi una medicina moderna in cui i professionisti (medici e non solo) non sappiamo cosa sta succedendo nel microbiota e come modularlo attraverso una terapia personalizzata che tenga conto anche della vita precedente e attuale del paziente.
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