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Alla scoperta dell’avena: “dacci oggi il nostro porridge quotidiano”

E’ forse vero, come suggerisce satiricamente il sito web umoristico Cracked, che il porridge d’avena è stato inventato da un ricercatore della Royal Academy of Adhesives and Sealants inglese durante un esperimento alla ricerca di nuove forme di colla industriale? Se la vostra idea di porridge è la versione pastosa istantanea fatta nel microonde a partire da un pacchetto monoporzione, beh, tutto è possibile!

Esistono innumerevoli modalità in cui questo straordinario cereale può essere preparato. Può dar vita a un porridge tradizionale (dall’arcaico inglese “pottage”, che significa zuppa o stufato); a un brose (fatto con farina d’avena cruda o secca tostata che viene mescolata con burro o panna); al gruel (una miscela di farina d’avena con acqua fredda, preparata come cibo per bambini o tonico per gli ammalati). Può essere usato come ingrediente per l’ haggis (un tipo di budino salato fatto con carne di pecora e verdure); come ingrediente nella panificazione; come rivestimento per il formaggio Caboc (un tipo di formaggio cremoso). L’ havregrynsgröt, “havregrød” o kaurapuuro è invece una variante nordica della farina d’avena spesso preparata con uva passa.

In Scozia, dove la ricetta ha avuto probabilmente origine, they know it better. Il loro oatmeal, o “pappa d’avena”, è un piatto sacro, celebrato ogni anno al World Porridge Making Championship nel villaggio di Carrbridge. Non c’è da stupirsi, quindi, che Samuel Johnson definì l’avena come “un cereale che in Inghilterra è generalmente dato ai cavalli, ma in Scozia sembra sostenere il popolo“. Gli scozzesi non furono certo i primi a coltivare l’avena, ma per ragioni geografiche e climatiche furono tra i primi ad apprezzarla. L’avena infatti esiste da migliaia di anni: i più antichi grani conosciuti sono riconducibili alla XII dinastia egizia, intorno al 2000 a.C., anche se i cinesi potrebbero averla conosciuta anche prima. Ma a differenza del grano e dell’orzo, l’avena non era molto apprezzata dagli Egizi e non veniva da loro coltivata. Infatti, i fiocchi d’avena erano considerati poco più che erbacce.

I primi tentativi di coltivazione, secondo l’Oxford Companion to Food, non ebbero luogo per altri mille anni. In ogni caso, un po’ ovunque, le popolazioni europee non trovavano l’avena particolarmente attraente, tanto che greci e romani la consideravano un cibo per barbari. E ancora oggi, circa il 95% dell’avena coltivata commercialmente è prodotta non per il consumo umano ma per il foraggio degli animali. Grazie ai Romani però, la coltivazione dell’avena trovò la sua strada verso la Gran Bretagna, dove il clima, specialmente in Scozia, risultò particolarmente adatto alla coltivazione del cereale. E non ci volle molto perché il porridge diventasse una specie di piatto nazionale, insieme all’haggis.

Non c’è da stupirsi, come dice l’Oxford Companion, che “sembra esserci un’affinità tra l’avena e le persone di origine celtica“. Per loro, un inverno “brodoso” è qualcosa di cui essere felici.

Un cereale unico

L’avena (Avena sativa L.), una specie di pianta spermatofita monocotiledone appartenente alla famiglia Poaceae, è un cereale davvero unico. Possiede nutrienti di straordinario valore per l’alimentazione umana e per quella animale, per la cura della salute nonché per la cosmesi. Come detto, si tratta di una coltura annuale coltivata da più di 2000 anni in diverse parti del mondo; è inoltre una delle colture più antiche conosciute dalla civiltà umana. Importante fonte di carboidrati, fibre alimentari solubili, proteine dall’elevato valore biologico, lipidi, composti fenolici, vitamine e minerali, questo cereale ha ricevuto negli scorsi anni – e continua a ricevere – una crescente attenzione da parte della ricerca scientifica e delle industrie alimentari. Per quale motivo? Scopriamolo insieme.

Più che un semplice “carboidrato

Il beta-glucano d’avena (OBG), uno dei principali componenti della fibra solubile, polisaccaride viscoso costituito da catene lineari e ramificati di monosaccaridi (D-glucosio) legati con legami di tipo beta. Si trova nella parete cellulare dell’endosperma del chicco, ed è considerato il principale componente attivo dell’avena con varie proprietà funzionali e nutrizionali, principalmente riduzione del colesterolo ed effetti antidiabetici. Il suo contenuto varia dall’1,8 al 7%, influenzato soprattutto da cultivar e luoghi di coltivazione, stoccaggio e processi di trasformazione.

Le proteine sono presenti soprattutto nell’embrione (circa il 30%). Altri componenti minori sono poi composti antiossidanti come tocoferoli, composti fenolici e steroli, anch’essi dotati di proprietà particolarmente benefiche per la salute. Diversi composti fenolici come gli avenantramidi (AVA), infatti, prodotti del metabolismo secondario delle piante e costituiti da anelli aromatici con uno o più gruppi idrossilici (da cui l’attività antiossidante), agiscono come meccanismo di difesa contro vari agenti patogeni, e il loro consumo è associato in vivo alla prevenzione di malattie come il cancro, l’ictus e le malattie coronariche. L’acido ferulico (58-78%), seguito dall’acido caffeico e dall’acido sinapico, sono i composti fenolici più abbondanti nei prodotti dell’avena, la cui capacità di eliminare i radicali liberi e l’alta attività antiossidante ne fanno un autentico promotore della salute. Gli AVA, in particolare, sono alcaloidi fenolici presenti esclusivamente in questo cereali, anch’essi dotati di effetti antiossidanti, antinfiammatori, antiproliferativi e antipruriginosi. L’avena contiene anche un altro fitochimico unico, chiamato “saponina steroidea”, principalmente avenacine e avenacosidi. Oltre ai meccanismi di difesa delle piante, quest’ultime registrano un importante potenziale terapeutico per l’abbassamento del colesterolo, nonché attività immunoregolatrici e antitumorali.

  • Avena e malattie cardiovascolari

Alti livelli sierici di colesterolo e di lipoproteine a bassa densità (LDL) sono noti per aumentare il rischio di malattie cardiovascolari (CVD): il consumo di avena ha dimostrato di ridurli entrambi, riducendo così il rischio CV globale. Un approccio dietetico, questo, che è stato raccomandato come uno degli approcci più pratici e più sicuri per il trattamento dell’ipercolesterolemia LDL: gli studi dimostrano infatti che l’avena ricca di beta-glucani o prodotti a base di avena sono in grado di ridurre significativamente il profilo lipidico del sangue e la pressione sanguigna, regolando allo stesso tempo il metabolismo dell’insulina.
All’OBG in particolare è stato attribuito il rallentamento dell’assorbimento dei macronutrienti nel tratto digestivo, parimenti all’abbassamento della pressione. Proprietà ipo-colesterolemizzante, quella dell’OBG, che è principalmente dovuta alla formazione di uno strato viscoso (la “colla” di cui si parlava sopra) nell’intestino tenue, capace di inibire l’assorbimento del colesterolo e aumentare l’escrezione degli acidi biliari (il cui riassorbimento risulta parimenti inibito). L’inibizione del re-uptake di quest’ultimi stimola la sintesi epatica degli acidi biliari a partire dal colesterolo endogeno, con effetto di riduzione del colesterolo LDL circolante.

È stato anche proposto che la fibra solubile aiuti a ridurre la sintesi del colesterolo attraverso un’alterazione delle concentrazioni sieriche degli acidi grassi a catena corta (SCFA) – acetato, propionato e butirrato – che alla fine influisce sul metabolismo dei lipidi: la concentrazione di butirrato, infatti, è in grado di diminuire significativamente la sintesi de novo del colesterolo negli epatociti. A causa del numero di studi e prove a sostegno dei ruoli benefici di OBG, la United States Food and Drug Administration (FDA) ha approvato l’uso di indicazioni sulla salute sui prodotti a base di avena (i cosiddetti “health claims“), che “possono contribuire ad abbassare il rischio CV se consumati nella dose di 3 g al giorno di beta-glucani, o se il prodotto alimentare apporta 0,75 g di beta-glucano per porzione“.

Oltre all’OBG, anche le proteine e i lipidi dell’avena contribuiscono ad abbassare il colesterolo ematico. L’avena è infatti ricca di proteine, che vanno dal 12 al 20% nella forma integrale. Inoltre, le proteine dell’avena sono ricche di albumine e globuline, e contengono poche prolamine. Quest’ultime hanno un contenuto di un amminoacido essenziale (la lisina) più basso rispetto alle albumine e alle globuline, il che ne spiega il valore biologico superiore delle proteine dell’avena rispetto a quelle di altri cereali di uso comune (grano su tutti).

  • Avena e DMT2

Il diabete di tipo 2 è la malattia metabolica più comune nel mondo. Molti studi hanno dimostrato il potenziale dell’avena nel ridurre il livello di glucosio postprandiale. L’OBG, infatti, influenza la risposta glicemica ritardando la digestione dell’amido: i beta-glucani cambiano la microstruttura dei granuli contenuti nei cereali e riducono la gelatinizzazione dell’amido, rallentandone così la digeribilità; il tutto testimoniato anche dalla forte correlazione esistente tra il picco di glucosio nel sangue e il contenuto di OBG nel cibo consumato. Inoltre, poiché l’OBG è un polisaccaride ad alto peso molecolare, presenta un’elevata viscosità anche a una bassa concentrazione.
Il consumo di questa fibra solubile aumenta dunque la viscosità del bolo di cibo nello stomaco, rallentando lo svuotamento gastrico e contribuendo alla sensazione di sazietà (di qui il potenziale terapeutico nelle forme di obesità). Allo stesso tempo, l’aumento della viscosità diminuisce l’assorbimento e la diffusione intracellulare del glucosio, il che contribuisce a ridurre l’iperglicemia postprandiale iperglicemia e la secrezione di insulina.
L’efficacia dell’OBG dipende però dal tempo di cottura, dalla quantità, dalla durata del consumo, dalle tecniche di lavorazione, dalle proprietà fisico-chimiche e dalla forma del prodotto. Ad esempio, l’avena a fiocchi grandi (steel cut) ha un indice glicemico (IG) particolarmente basso; muesli e granola hanno valori medi; mentre l’avena a cottura rapida, l’avena istantanea e il latte d’avena hanno valori più elevati.

  • Avena e Microbiota

Come ormai noto ai più, il microbiota intestinale è fondamentale per una corretta salute gastrointestinale, in grado peraltro di aiutare a prevenire molte malattie metaboliche, come l’obesità, il diabete, nonché alcuni tipi di forme tumorali (es. cancro colo-rettale). E proprio l’avena integrale possiede sostanze fitochimiche uniche (alto contenuto di beta-glucani, vitamine liposolubili, fenoli, soprattutto) che giocano un ruolo importante nella salute dell’intestino. E dei suoi “piccoli inquilini”.

La fermentazione in vitro di OBG produce SCFA, soprattutto propionato. Gli SCFA prodotti sono riassorbiti nella circolazione, influenzando così la regolazione del metabolismo, o utilizzati da altri microbi, inibendo gli enzimi nocivi nell’intestino. I cambiamenti nel microbiota intestinale derivanti dall’integrazione con prodotti a base di avena si sono così dimostrati in grado di attenuare l’obesità e altri disturbi metabolici legati all’obesità nei ratti obesi, così come di regolare negativamente i livelli di colesterolo, trigliceridi ed endotossine batteriche. Inoltre, l’amido resistente (RS), una delle fibre alimentari funzionali dell’avena, mostra anch’esso effetti benefici sulla salute dell’intestino. Diversi studi, infatti, dimostrano la diversa capacità di modulazione del microbiota intestinale a partire dalle diverse dimensioni dei fiocchi. Ad esempio, la versione spessa (thick) dei fiocchi d’avena dimostra un effetto bifidogenico e un aumento della produzione di butirrato superiori rispetto ai i fiocchi sottili (thin) a causa dell’alto RS nei primi. Infine, anche gli avenantramidi possono essere efficacemente metabolizzati dal microbiota intestinale, produrre molecole bioattive, e silenziare i geni dell’obesità, regolando anche la composizione della microflora e riducendo la crescita di patogeni.

Conclusioni: perché l’avena ci fa bene

L’avena dimostra oggi una straordinaria varietà di effetti benefichi per la salute umana:

  • Per cominciare, abbassa i livelli di colesterolo: questo cereale, infatti, ha un tipo specifico di fibra – il beta-glucano – che abbassa i livelli di colesterolo totale nell’organismo, aiutando così anche a prevenire le malattie cardiache;
  • Gli antiossidanti che l’avena possiede, chiamati “avenantramidi”, non permettono ai radicali liberi di danneggiare il colesterolo LDL e, con questo, riducono il rischio di malattie cardiovascolari come l’aterosclerosi;
  • Le fibre d’avena ti fanno anche sentire pieno a fine pasto, il che ti impedisce di mangiare troppo e aiuta il mantenimento o la riduzione del peso corporeo;
  • Il tuo corpo digerisce e assorbe l’avena lentamente, il che contribuisce al senso di sazietà;
  • Le fibre insolubili aiutano la digestione e prevengono la stitichezza;
  • I beta-glucani influenzano positivamente il sistema immunitario e la tua risposta alle infezioni batteriche;
  • Le fibre impediscono che lo zucchero entri nel flusso sanguigno troppo velocemente, il che abbassa il rischio di DMT2 e abbassa anche il livello di zucchero nel sangue in coloro che hanno già una malattia diabetica.

L’avena fa questo, e molto molto di più.

Un cereale dalla lunga storia. Per molto tempo dimenticato, ma finalmente riscoperto.

Uno degli alimenti funzionali più promettenti del futuro.

Dacci oggi il nostro porridge quotidiano”

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