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PCOS: il ruolo del microbiota intestinale

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è la causa più comune di infertilità endocrina femminile. Si tratta, in breve, di un disturbo endocrino caratterizzato da aumentata biosintesi degli androgeni ovarici, anovulazione e, come detto, infertilità. L’iperandrogenismo (ovvero l’aumentata androgeno-genesi) è uno dei principali disturbi che possono caratterizzarla, ed è proprio questa eccessiva produzione da parte di ovaie e/o corteccia surrenale a provocare le tipiche anomalie dermatologiche (acne, irsutismo, alopecia), alterazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi e disregolazione della follicologenesi ovarica che porta a disturbi mestruali e infertilità.

Secondo la European Society for Human Reproduction and Embryology / American Society for Reproductive Medicine (ESHRE/ASRM) la PCOS è oggi definita dalla presenza di almeno 2 delle seguenti 3 caratteristiche: oligo- e/o anovulazione, segni clinici e/o segni biochimici di iperandrogenismo, e/o morfologia ovarica policistica (PCOM). In particolare, è la presenza di 12 o più follicoli di 2-9 mm in tutto l’ovaio o un volume ovarico di 10 cm3 a definire la PCOM.

DOGMA: “Dysbiosis of gut microbiota” hypothesis

L’eziologia della PCOS non è ancora chiara; tuttavia, sono stati identificati diversi fattori coinvolti nella generazione dello squilibrio ormonale e metabolico che può portare allo sviluppo di questa sindrome. La teoria più accreditata è quella che considera la PCOS una malattia geneticamente determinata la cui eterogeneità clinica e biochimica dipende dall’interazione tra fattori genetici e ambientali . Tra le ipotesi eziopatologiche proposte nel corso degli anni, il fatto che, oltre ai problemi ginecologici, la PCOS può anche portare a disturbi metabolici sistemici (come l’iperinsulinemia e insulino-resistenza (IR), obesità, aumento del rischio di diabete di tipo II, malattie cardiovascolari) ha giocato un ruolo fondamentale. Le numerose prove sulla correlazione tra il microbioma intestinale e lo sviluppo dei medesimi disturbi metabolici, dunque, hanno portato a postulare l’ipotesi che le alterazioni del microbioma siano coinvolte anche nella genesi della PCOS. Così dal 2012 l’ipotesi della disbiosi del microbiota intestinale (DOGMA) suggerisce che, in seguito allo squilibrio della flora intestinale, un aumento della permeabilità intestinale potrebbe causare l’immissione di sottoprodotti batterici – in particolare lipopolisaccaridi (LPS) – nella circolazione sistemica. Risultato: attivazione del sistema immunitario con risposta infiammatoria che porta all’IR.

La resistenza all’insulina (IR), insieme all’obesità, è ormai considerata essere strettamente correlata al microbioma intestinale. E i meccanismi che collegano IR, microbioma intestinale e PCOS sono molteplici. Tra questi, lo squilibrio del microbiota intestinale, che aumentando la permeabilità intestinale, determinerebbe una infiammazione cronica di basso grado e l’attivazione del sistema immunitario. Le citochine proinfiammatorie interferiscono con la funzione del recettore insulinico, causando IR/iperinsulinemia. Un altro possibile legame tra il microbioma intestinale e l’IR vede coinvolti i sali biliari e gli ormoni gastrointestinali come la grelina e il peptide YY (PYY), quest’ultimi entrambi correlati negativamente con IR e BMI.

Dieta e integrazione: Come cambiare il microbioma intestinale

Poiché la relazione tra microbioma e patogenesi della PCOS è sempre più chiara, è ormai tempo di studiare approfonditamente il legame tra dieta, microbiota e PCOS, rivelandone il potenziale impatto sulla prevenzione e il trattamento di una condizione per la quale, ad oggi, l’intervento farmacologico è purtroppo spesso inconsistente.

Nella loro revisione, Singh RK e colleghi (2017) hanno studiato il microbioma e la sua modifica attraverso la dieta, così come l’influenza su malattie infiammatorie intestinali, obesità, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, cancro e la risposta alla immunoterapia. In particolare, i ricercatori hanno mostrato il diverso impatto delle proteine animali e vegetali sul microbiota intestinale: le proteine di origine animale sono state segnalate in grado di aumentare Bacteroides, Alistipes e Bilophila, e di ridurre il numero di Bifidobacterium (B.) adolescentis; cambiamenti che hanno aumentato il rischio di malattie cardiovascolari. Al contrario, le proteine vegetali si sono segnalate per l’aumento di Bifidobacterium e Lactobacillus e la diminuzione di Bacteroides fragilis e Clostridium perfringens, con la conseguenza positiva di aumentare i livelli di SCFA (acidi grassi a catena corta) e conseguentemente diminuire dell’infiammazione. Gli autori hanno anche riferito che una dieta ad alto contenuto di grassi dieta aumenta il numero di Bacteroides e si correla con meno Lactobacillus intestinalis e più Clostridiales, Bacteroides e Enterobacteriales, associati all’infiammazione. Per quanto riguarda i carboidrati, è stato inoltre suggerito che alti livelli di glucosio, fruttosio e saccarosio aumentano i Bifidobatteri e riducono i Bacteroides. I carboidrati non digeribili, come il grano cereali e crusca di grano, sembrano invece legati a un aumento di ceppi benefici da Bifidobatteri e Lactobacilli.

  • Probiotici e Prebiotici

I probiotici sono “microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate, conferiscono un beneficio alla salute dell’ospite” secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). I microrganismi probiotici si trovano naturalmente negli alimenti fermentati (yogurt, kefir, miso, crauti) dove svolgono un’azione antiossidante, antimicrobica, antinfiammatoria, capace in vivo di migliorare i parametri metabolici, modulare il microbiota intestinale e regolare il sistema immunitario. Un terapia probiotica, d’altro canto, un’approfondita conoscenza del probiotico in esame e della dose somministrata.
Sebbene il meccanismo d’azione rimanga poco chiaro, l’integrazione probiotica mostra oggi una serie di effetti positivi sul profilo metabolico nelle donne con PCOS. Ad esempio, Ahmadi e colleghi (2020) riferiscono che la supplementazione di probiotici (L. acidophilus, L. casei e B. bifidum) per un periodo di 12 settimane ha causato una diminuzione statisticamente significativa del peso e del BMI in pazienti PCOS rispetto al placebo, con effetti benefici su glicemia, trigliceridi (TG) e sul colesterolo delle lipoproteine a bassissima densità (VLDL). Risultati simili con la
integrazione di L. casei, L. acidophilus, L. rhamnosus, L. bulgaricus, B. breve, B. longum e Streptococcus thermophiles sono stati descritti in donne con PCOS per 8 settimane con una significativa diminuzione dei livelli di glucosio nel plasma e di insulina nel siero.

  • Aloe vera

Gli integratori a base di erbe sono noti da tempo alla medicina cinese per il potenziale terapeutico nei confronti di varie malattie e disturbi ormonali. Come detto, la sindrome dell’ovaio policistico si sviluppa a causa di squilibrio e iperattività di certi ormoni ed enzimi. L’aloe (Barba densis millar), comunemente conosciuta come aloe vera, è oggi stata riconosciuta come una sorta di “erba preconcezionale” capace di aiutare nella gestione della PCOS. In uno studio su topi (Reddy e colleghi, 2016), è stato utilizzato un modello di ratto femminile, cui la PCOS è stata indotta con Letrozolo; in seguito sono stati condotti 2 mesi di studio e i ratti colpiti sono stati trattati con gel di aloe vera (10 mg di peso secco/giorno). Bloccando il processo di conversione del testosterone e dell’androstenedione in estradiolo ed estrone, la pianta è in grado di trattare anche i sintomi associati alla PCOS, tra cui l’iperandrogenismo e lo sviluppo follicolare. Varie attività degli ormoni steroidei sono state controllate alla fine dello studio, i cui risultati mostrano una modulazione dell’attività dell’ormone luteinizzante (LH), dei recettori degli androgeni e vari enzimi steroidogenici. In conclusione, il gel di aloe vera potrebbe essere considerato come rimedio a base di erbe nel miglioramento della sintomatologia PCOS.

  • Curcuma

La curcumina, il componente attivo della curcuma, mostra anch’essa spiccate proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, così come un importante effetto positivo su l’induzione dell’ovulazione. Gli stessi ricercatori (Reddy e colleghi, 2016) hanno studiato l’effetto della curcumina sulle ovaie policistiche nelle femmine di ratti Wister. I ratti con PCOS ratti sono stati divisi in due gruppi di trattamento, la durata della prova è stata 15 giorni. Il gruppo 1 è stato trattato con 100 mg/kg di estratto di curcumina, mentre la dose è stata fissata a 200 mg/kg per il gruppo 2. Istomorfologie, parametri ormonali e biochimici sono stati analizzati all’inizio e alla fine della prova, osservando in particolare un miglioramento della glicemia a digiuno e della pressione sanguigna. I risultati dell’istomorfologia ovarica inoltre hanno mostrato che il numero di cisti è diminuito e follicoli sani di piccole dimensioni sono apparsi nel gruppo 1, mentre nel gruppo 2 si sono osservati follicoli di dimensioni normali a stadi progressivi di sviluppo dell’ovocita e assenza di cisti.

  • Semi di lino

Anche il Linum usitatissium, comunemente noto come lino, è stato studiato come rimedio erboristico per il trattamento della PCOS. È stato recentemente condotto uno studio clinico controllato (Haidari e colleghi., 2020) per analizzare l’effetto dell’integrazione di semi di lino in polvere su vari indicatori del siero associati alla PCOS. Le pazienti PCOS sono state divise in due gruppi: il primo gruppo è stato trattato con 30 g di semi di lino in polvere al giorno per un periodo di 12 settimane con modifiche dello stile di vita, mentre l’altro gruppo non ha ricevuto semi di lino. I risultati hanno rivelato che il gruppo con integrazione di semi di lino ha mostrato una migliore concentrazione di insulina nel siero, leptina e interleuchine, una diminuzione del peso corporeo e dei trigliceridi sierici e una maggiore concentrazione di HDL rispetto al controllo.

  • Fieno greco

Uno studio clinico randomizzato in doppio cieco è stato condotto da Khanna e colleghi nel 2020 per analizzare l’effetto dell’estratto di fieno greco (Trigonella foenum-graecum L.) su sullo squilibrio ormonale e sui sintomi della premenopausa, tra cui insonnia, vampate di calore, depressione e sudorazione notturna. L’estratto di fieno greco (250 mg) è stato somministrato due volte al giorno a donne sane con un leggero squilibrio ormonale e sintomi della premenopausa per un periodo di 42 giorni. I risultati della sperimentazione hanno mostrato un miglioramento importante nelle concentrazioni sieriche di estradiolo, progesterone e testosterone mentre una riduzione della concentrazione di ormone follicolo-stimolante. Gli estratti di fieno greco hanno inoltre portato a una riduzione dei sintomi associati allo squilibrio ormonale.

  • Liquirizia

Tra le varie piante “nutraceutiche”, anche la liquirizia possiede spiccate proprietà medicinali contro la PCOS. La liquirizia contiene inoltre sostanze fitochimiche attive tra cui l’acido glicirrizico, l’isoflavano e la glabridina, che mostrano un effetto positivo nella perdita di grasso corporeo. La glabridina e l’isoflavano mostrano effetti simili agli estrogeni nel corpo. Gli studi hanno peraltro analizzato una significativa riduzione dei sintomi clinici associati alla PCOS, tra cui l’iperandrogenismo e irsutismo (Andhalkar e colleghi, 2021).

  • Tè verde

Il tè verde (Camellia sinensis; anche noto come “tè non fementato” mostra proprietà antinfiammatorie dovute principlamente alla presenza di numerosi antiossidanti di origine fenolica, tra cui soprattutto le catechine. Uno studio comparativo (Farhadian e colleghi, 2020) ha analizzato l’effetto del tè verde contro la metformina per il trattamento di vari indicatori osservati nella PCOS. Le donne con sindrome dell’ovaio policistico sono state divise in due gruppi, metà dei quali sono stati trattati con compresse di tè verde di 500 mg tre volte al giorno, mentre gli altri sono stati trattati con metformina in compresse da 500 mg tre volte al giorno per 12 settimane. I risultati dello studio mostrano che il consumo di tè verde potrebbe ridurre il peso, BMI, le circonferenze dell’anca e della vita. Un altro studio (Ghafurniyan e colleghi, 2015) è stato condotto per 2 mesi su PCOS e diabetici indotti ratti femmina con somministrazione di estratto di tè verde ad una dose di 50,100 e 200 mg/kg peso corporeo, con una significativa riduzione della massa ovarica e dello spessore dei follicoli. Parallelamente, è stato osservato anche un aumento del livello di insulina nel siero. L’estratto di tè verde mostra così un effetto positivo nel miglioramento della sensibilità all’insulina e nella riduzione dei sintomi della PCOS.

Conclusioni: la diversità arricchisce (e protegge)

La PCOS può essere considerata una patologia ad eziologia multifattoriale che può diventare particolarmente grave a causa di cattive pratiche alimentari e stili di vita, che si sommano ad altri fattori ambientali e background genetici. E’ inoltre ormai cosa nota che l’obesità sia collegata a un rischio più elevato di PCOS, e parallelamente di IR, che insieme portano a iperandrogenismo, irsutismo e disturbi ormonali a carico delle ovaie che innescano lo sviluppo delle cisti.

I rimedi medicinali ed erboristici rappresentano oggi l’arma più innovativa per combattere e ridurre i sintomi della PCOS. Detto questo, tuttavia, una modifica a lungo termine dello stile di vita dovrebbe essere alla base di un intervento terapeutico contro la PCOS. Un buon quantitativo proteico, moderati quantitativi di carboidrati (meglio se a basso indice glicemico), un’accurata scelta di fonti vegetali ricche in fibra, alimenti pro e prebiotici, rappresentano le chiavi a nostra disposizione per ridurre notevolmente i sintomi associati alla PCOS ed evitare l’insorgere di complicanze.

La diversità arricchisce. Partendo da questa semplice frase e spostandoci in ambito PCOS, la disbiosi del microbiota intestinale è causa di una diminuita diversità e abbondanza di alcune specie di batteri, portando così a innumerevoli disturbi metabolici, tra cui la policistosi ovarica. Alla luce di queste evidenze, è così doveroso credere che un futuro approccio terapeutico per la PCOS possa coinvolgere il microbiota intestinale. La supplementazione con prebiotici, probiotici e simbiotici in donne con PCOS si è infatti dimostrata in grado di migliorare i marker biochimici e metabolici, nonché la qualità della vita.

Come sempre dunque, si rende necessario conoscere approfonditamente il nostro microbiota, curarlo (se malato) e coltivarlo, in una duplice prospettiva: quella del trattamento; e quella, ancor più importante, della prevenzione.

Bibliografia

Fang-fang He and Yu-mei Li (2020). Role of gut microbiota in the development of insulin resistance and the mechanism underlying polycystic ovary syndrome: a review. He and Li Journal of Ovarian Research (2020) 13:73. https://doi.org/10.1186/s13048-020-00670-3

Pierluigi Giampaolino et al. (2021). Microbiome and PCOS: State-of-Art and Future Aspects. Int. J. Mol. Sci. 2021, 22, 2048. https://doi.org/10.3390/ijms22042048

Rhimsha Shahid et al. (2021). Diet and lifestyle modifications for effective management of polycystic ovarian syndrome. J Food Biochem. 2022;00:1–12. DOI: 10.1111/jfbc.14117https://doi.org/10.1111/jfbc.14117

Questo articolo ha 2 commenti.

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